Maria Antonietta
dall’amore del popolo all’odio della piazza
2 novembre 1755- 16 ottobre 1793
Se c'è una cosa che Lady Oscar (Versailles no Bara) ci ha insegnato, è che la Storia non è fatta di bianco e nero, ma di complesse sfumature.
E nessuna figura incarna questa verità meglio della co-protagonista dell'anime: Maria Antonietta.
Quando la seguiamo all'inizio, attraverso gli occhi devoti di Oscar François de Jarjayes, vediamo una ragazzina. È la Delfina quattordicenne, arrivata dall'Austria: affascinante, un po' ingenua, capricciosa. È il simbolo vivente della nuova alleanza franco-austriaca, la "principessa amata", la speranza di Versailles.
La domanda che tutti ci siamo posti guardando l'anime è: cosa è andato storto? Come ha potuto quella stessa ragazza diventare, nel giro di pochi anni, "l'odiosa Austriaca", il simbolo di tutto ciò che la Francia voleva distruggere?
La Gabbia Dorata di un'Asburgo
Per capirlo, dobbiamo fare un passo indietro, prima ancora che mettesse piede a Versailles.
Maria Antonietta era, prima di tutto, un'Asburgo. Era cresciuta a Vienna nel mito dell'inviolabilità del sangue reale. Questo le diede una forte consapevolezza del suo status, ma la rese anche cronicamente impreparata alla realtà politica francese.
Qui nasce il suo paradosso fatale:
Ribelle nell'etichetta: Trovava le rigide e assurde regole della corte di Versailles soffocanti. Fuggiva nel suo mondo "privato", il Petit Trianon, preferendo feste informali alla pompa di corte. Questo la fece apparire snob e sprezzante.
Conservatrice nella visione: Allo stesso tempo, non mise mai in discussione la struttura della società. Per lei, il diritto divino del Re e la divisione dei tre ordini (Nobiltà, Clero, Terzo Stato) erano la base immutabile del mondo. Non capì mai la rabbia del Terzo Stato.
Il vuoto a Corte e l'arrivo di Fersen
Il suo destino personale divenne immediatamente un problema di Stato.
Fu spedita in Francia giovanissima per sposare un "ragazzo" che non conosceva, il futuro Luigi XVI. Come l'anime ci fa intuire, il matrimonio fu un deserto emotivo. Luigi era timido, impacciato e distante.
Per sette lunghissimi anni, il talamo reale rimase sterile. E in un'epoca in cui l'unico, vero "lavoro" di una Regina era dare un erede al trono, questa attesa fu un disastro.
Questa attesa alimentò le peggiori malignità a corte e nel regno. Il popolo aveva bisogno di un colpevole, e la colpa fu addossata alla "frivola Austriaca".
È in questo vuoto emotivo che, proprio come nell'anime, si inserisce la figura del Conte Axel von Fersen. Lui riuscì a "scaldare il cuore" di una regina giovane, sola e frustrata. Ma quello che per lei era un vitale conforto privato divenne un disastro pubblico.
I pamphlet (le "fake news" dell'epoca) esplosero. La narrazione era semplice e micidiale: la Regina "sterile" era anche "infedele". Quando finalmente arrivarono i figli (il primo erede maschio giunse solo nel 1781, dopo otto anni di matrimonio), il danno alla sua reputazione era già irreparabile.
La Regina come capro espiatorio
La parabola discendente di Maria Antonietta è una tempesta perfetta di politica, pettegolezzi e crisi economica.
Dobbiamo essere chiari: la Francia era già sull'orlo della bancarotta ben prima che lei diventasse regina. Le guerre del Re Sole (Luigi XIV) e l'appoggio alla Rivoluzione Americana avevano prosciugato le casse. Ma il popolo, affamato e tartassato, aveva bisogno di un volto da incolpare.
E Maria Antonietta era il bersaglio perfetto.
"L'Austriaca": prima di tutto, era la straniera. "L'Autrichienne" (un gioco di parole dispregiativo) non fu mai vista come una vera francese. Ogni sua mossa era sospettata di favorire l'odiata Austria, sua terra natale.
L'immagine pubblica: Lady Oscar mostra molto bene la sua frivolezza. Le feste sfarzose, le acconciature impossibili, le spese folli per il suo "piccolo mondo" (il Petit Trianon) e la sua cerchia ristretta (come la Contessa di Polignac). Mentre Parigi moriva di fame, Versailles ballava. La famosa frase "Se non hanno pane, che mangino brioche" (che quasi certamente non disse mai) divenne il simbolo della sua disconnessione.
Il punto di non ritorno: Il colpo di grazia alla sua reputazione fu il celebre "Scandalo della Collana". Come l'anime documenta fedelmente, Maria Antonietta era innocente. Fu vittima di una truffa colossale. Ma non importava. I pamphlet (le "fake news" dell'epoca) la dipinsero come una donna corrotta, capricciosa e disposta a tutto. Il popolo volle credere alla sua colpevolezza.
Da Regina a "Vedova Capeto"
Quando la Rivoluzione esplose, non c'era più spazio per la "principessa amata".
Se gli scandali passati avevano segnato la morte morale di Maria Antonietta, la fuga di Varennes fu la morte politica dell'intera monarchia.
Fino a quel momento, la Rivoluzione (nella sua fase "moderata") stava cercando di creare una monarchia costituzionale. Il Re non era più un sovrano assoluto, ma la Costituzione che si stava preparando gli dava ancora poteri enormi, era il capo dell'esecutiov, nominava i ministri e godeva del prestigioso diritto di veto.
Molti francesi, anche rivoluzionari, volevano ancora credere nella figura del Re. Ma Luigi XVI, profondamente cattolico e cresciuto nell'assolutismo, non accettò mai veramente di essere un "Re dei Francesi" sottomesso a una Costituzione.
Il 20 giugno 1791, la famiglia reale fuggì da Parigi. Non stavano scappando per mettersi in salvo: stavano cercando di raggiungere le truppe lealiste al confine per poi, con l'aiuto dell'Austria (patria della Regina), tornare a Parigi e restaurare l'assolutismo con la forza.
Fu un tragico, fatale errore politico e sociale. Agli occhi del popolo, quello fu IL TRADIMENTO.
Per secoli, il Re era stato il "padre della Francia". In quel momento, l'immagine si frantumò per sempre. Il Re non era più il padre, ma un traditore che cospirava con il nemico. Quando la famiglia fu fermata e riportata a Parigi, fu accolta non da urla, ma da un silenzio glaciale.
Qui, il leader giacobino Robespierre fu implacabile. Con la sua abilità retorica, iniziò a tessere la trama della condanna definitiva: un Re che tradisce la Nazione non può più regnare.
Da Varennes in poi, la Repubblica divenne una necessità e la strada verso la ghigliottina, per il Re e per la Regina, era ormai tracciata.
E la voce di Robespierre divenne Legge.
Mentre molti deputati (i Girondini) cercavano un modo per evitare la condanna a morte, magari appellandosi al popolo o processandolo come un normale cittadino, Robespierre fece un discorso, il 3 dicembre 1792, che cambiò completamente i termini della questione.
In sostanza, disse: "Voi non siete qui per giudicare un uomo, ma per salvare una Nazione".
Ecco gli stralci più famosi e potenti della sua logica retorica:
1. Il Re non è un accusato, è un nemico
Robespierre rifiutò l'idea stessa di un "processo". Per lui, la Rivoluzione aveva già emesso il suo verdetto il 10 agosto 1792, con la caduta della monarchia.
"Qui non c'è da fare un processo. Luigi non è un accusato. Voi non siete dei giudici. Voi siete, e non potete essere altro, che uomini di Stato e rappresentanti della Nazione. Non dovete emettere una sentenza contro o a favore di un uomo, ma dovete prendere un provvedimento di salute pubblica, compiere un atto di provvidenza nazionale."
2. Se il Re è innocente, la Rivoluzione è colpevole
Questa è forse l'argomentazione più brillante e terrificante. Mise la Convenzione di fronte a una scelta radicale: o il Re o la Repubblica.
"In effetti, se Luigi può essere ancora oggetto di un processo, Luigi può essere assolto; può essere innocente. Cosa dico? Egli è supposto innocente fino a che non sia stato giudicato.
Ma se Luigi viene assolto, se Luigi può essere supposto innocente, che ne è della rivoluzione? Se Luigi è innocente, tutti i difensori della libertà diventano dei calunn iatori. [...] La rivolta del 10 agosto non è che un crimine."
3. "Luigi deve morire, perché la patria viva"
Questa è la frase che è passata alla storia. È la sintesi perfetta del suo pensiero: la morte del Re non era una punizione per i suoi crimini passati, ma una necessità politica per il futuro della Francia.
"Io pronuncio con rincrescimento questa fatale verità... ma Luigi deve morire, perché la patria deve vivere."
4. Il Re come "Traditore"
Dopo la fuga di Varennes, Robespierre non vide più in Luigi XVI un sovrano, ma un nemico che aveva cospirato con le potenze straniere.
"I popoli non giudicano come le corti giudiziarie. Non emettono sentenze: lanciano la loro folgore. Non condannano i re: li piombano nel nulla. [...] Luigi ha denunciato il popolo francese come ribelle; per punirlo, ha chiamato le armate dei tiranni suoi confratelli. La vittoria e il popolo hanno deciso che lui solo era il ribelle. Luigi non può dunque essere giudicato: è già condannato, o la Repubblica non è assolta."
Con questi discorsi, Robespierre spostò il dibattito dal piano giuridico (processare un uomo) a quello politico (fondare una Repubblica). Se il Re fosse rimasto in vita, sarebbe stato un simbolo costante per i controrivoluzionari; la sua morte era l'atto fondativo, terribile ma necessario, della nuova Francia.
Robepsierre contro Maria Capeto
Mentre contro Luigi XVI Robespierre fece un discorso filosofico fondamentale ("Luigi deve morire perché la patria viva"), contro Maria Antonietta non tenne un grande discorso pubblico in prima persona durante il processo.
La sua condanna fu gestita in modo diverso. Ecco cosa accadde e qual era il pensiero di Robespierre.
1. Il Ruolo di Robespierre: L'Orchestratore, non l'Accusatore
Nel caso di Maria Antonietta (ottobre 1793), Robespierre non era più un "semplice" deputato che doveva convincere un'assemblea. Era ormai l'uomo più potente del Comitato di Salute Pubblica, l'organo che ordinò il processo.
Non aveva bisogno di parlare: La sua "parola" era, di fatto, la decisione stessa di mandarla al Tribunale Rivoluzionario. Il processo fu una formalità, una "messa in scena" con un verdetto già scritto.
La "Politica del Terrore": Per Robespierre, la Regina non era un'accusata da processare, ma un simbolo da abbattere. Era l'incarnazione di tutto ciò che la Rivoluzione combatteva.
2. Le Accuse Pubbliche (fatte da altri)
Robespierre lasciò il "lavoro sporco" ad altri. Le accuse al processo furono mosse da accusatori pubblici come Fouquier-Tinville e, soprattutto, dal radicale Jacques-René Hébert.
Fu Hébert a lanciare l'accusa più infamante e disgustosa: quella di incesto con suo figlio, il piccolo Delfino.
Questa accusa era così estrema che provocò l'unica, vera reazione emotiva della Regina durante il processo. Quando le fu chiesto perché non rispondeva, lei si alzò e disse:
"Se non ho risposto, è perché la Natura stessa si rifiuta di rispondere a una simile accusa mossa a una madre. Mi appello a tutte le madri che sono qui!"
Questo momento scosse persino le popolane giacobine presenti, che presero le sue difese.
3. Il Vero "Discorso" di Robespierre: La Condanna Ideologica
Sebbene non ci sia un discorso specifico "contro Maria Antonietta", il pensiero di Robespierre su di lei era chiarissimo e si basava su tre punti:
È "L'Austriaca": per Robespierre, lei non era "Maria Antonietta", ma "l'Austriaca". Era il simbolo vivente del tradimento, la prova della collusione della monarchia con le potenze straniere nemiche della Francia.
È "Madame Deficit": pra il simbolo della corruzione morale e finanziaria dell'Ancien Régime. La sua frivolezza, le sue spese, la sua cerchia di favoriti (come la Polignac) erano la prova che la monarchia era un cancro che "divorava" le risorse del popolo.
È "Contro il Popolo": qui sta la vera logica di Robespierre. Lui non la vedeva come una persona, ma come un principio. In una sua famosa massima disse: "Tutto ciò che non è per il popolo è contro il popolo". Maria Antonietta era, per definizione, la cosa più "contro il popolo" che esistesse.
In sintesi, Robespierre non ebbe bisogno di pronunciare una parola contro di lei al processo. Aveva già pronunciato la sua condanna mesi prima, nel momento stesso in cui aveva condannato il Re e la monarchia stessa.
La sua esecuzione, per lui, non era giustizia: era salute pubblica, l'estirpazione finale del "cancro" monarchico dalla Repubblica.
Il 16 ottobre 1793, Maria Antonietta salì al patibolo. Lo fece senza fare rumore, senza lanciare maledizioni. Viene da chiedersi se, in quegli ultimi istanti, abbia capito come e perché i suoi passi l'avessero condotta a quel tragico epilogo.
Certamente è stata in parte responsabile del suo destino — ma lo era tanto quanto il Re e l'intera cerchia di ministri e aristocratici che affiancava la coppia reale. Di certo, non fu la responsabile di ogni male della Francia.
Le scelte di Robespierre, che portarono a quella e a migliaia di altre esecuzioni, erano dettate da una visione feroce: l'abbattimento di ogni singolo simbolo del passato. Egli voleva una Francia nuova, vergine da ogni peccato dell'Ancien Régime.
Ma non si accorse, o non volle accorgersi, che quella visione annegava in un fiume di sangue e ingiustizia. Uccidere aristocratici, ripescare presunti vecchi nemici e traditori come l'anziana Contessa Du Barry (amante del re precedente, Luigi XV), non avrebbe reso la Francia più "vergine", né più giusta.
La corruzione e l'avidità, infatti, si annidano nel cuore di ogni ceto.
E la Storia lo dimostrò presto. Tempo qualche anno, e un generale borghese, Napoleone, avrebbe stravolto la Francia e l'Europa, dimostrando che il potere e l'ambizione avevano solo cambiato volto.
Come diceva Ficino, "La storia si ripete". E, come aggiungi tu, questo accade "perché gli uomini restano, nel peggio, sempre uguali a se stessi".
La "Riabilitazione" nella Morte
Oggi la storiografia ha in gran parte "riabilitato" la sua figura. Non certo per dipingerla come una santa o una martire, ma per contestualizzarla.
Maria Antonietta non era un genio politico; era una donna mediocre, cresciuta nel lusso, gettata in un ruolo per cui non era preparata, in uno dei momenti più esplosivi della storia. Fu viziata, isolata e certamente contribuì alla propria rovina con scelte ingenue.
Ma la "riabilitazione" recente non deriva dalle sue colpe, bensì dalla sproporzione della sua punizione. La sua morte, la sua dignità sulla ghigliottina dopo mesi di umiliazioni e la perdita dei figli, ha mostrato l'abisso tra la regina frivola che era stata e la donna distrutta che il Terrore aveva creato.
Lady Oscar lo aveva capito prima di molti storici: ci ha mostrato la sua ascesa luminosa, i suoi errori fatali e la sua caduta terrificante, lasciando a noi il giudizio su una delle figure più complesse e tragiche della Storia.

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