MADAME JARJAYES
Cosa sappiamo di lei?
La sua è una presenza evanescente sia nel manga sia nell'anime, un'eco che avrebbe meritato un ruolo più denso e centrale. In fondo, è lei la vera controparte femminile di Oscar nel focolare domestico, anche se, per destino di trama, quel ruolo viene poi incarnato dalla giovane Regina Maria Antonietta.
Madame de Jarjayes ci viene presentata con una bellezza aggraziata e mai appariscente. Capelli biondi, un vestito blu a fiori. Ci appare così. Ammantata dall'indole mite e obbediente che si confaceva alle donne di rango della sua epoca. Nei suoi modi gentili, paziente e sempre pronta al sacrificio per l'onore del nome Jarjayes, risiede il ritratto della madre aristocratica. La vediamo agire per un numero limitato di volte, concentrata quasi interamente nel primo blocco narrativo dell'anime per poi restare una presenza a marigni della vicenda.
Immaginiamola, Madame de Jarjayes.
Il cuore straziato dal destino imposto alla figlia, ma costretta al silenzio.
Si avverte una tensione in ogni gesto, in ogni sguardo, un fremito che deve restare invisibile per non incrinare il decoro. E sì, dietro quella compostezza, si percepisce un ardore sorprendente, tenuto celato nella storia classica e rivalto da sensei Ikeda solo successivamente.
Però quando incontriamo Madame Jarjayes è spontaneo domandarsi cosa pensasse davvero, cosa provasse nel vedere Oscar crescere come un ragazzo... per il capriccio orgoglioso del generale Jarjeyes.
Perché sì, tutto nacque dall’orgoglio ferito di un uomo incapace di accettare l’assenza di un erede maschio, ma deciso a trasformare la delusione in trionfo. A tutti i costi. E così intessé la vita dell’ultima figlia con fili di bronzo e d’oro, forgiandone il destino impensato.
E Madame?
Non un pianto. Non una parola.
Davvero non provò nulla?
L’osservatore distratto potrebbe confondere la quiete con l’indifferenza, ma sbaglierebbe.
Il suo silenzio non è resa, è consapevolezza.
Madame de Jarjayes aveva già cresciuto cinque figlie: le aveva viste tutte partire, educate, fidanzate, consegnate.
Cinque volte aveva piegato la testa al destino.
Cinque volte aveva baciato una figlia sapendo che l’avrebbe perduta — donata a un’altra casa, a un altro nome, a un altro uomo.
Quando nacque Oscar, la sesta e l’ultima, avrebbe potuto opporsi al piano folle del marito.
Forse avrebbe dovuto.
Ma tacque.
Immaginiamola, allora, mentre osserva Oscar bambina tirare di spada nel cortile.
Pensa alle altre cinque, lontane, piegate al loro dovere.
Le aveva amate tutte, certo, ma le aveva anche perdute tutte, una dopo l’altra, divorate dal meccanismo del matrimonio aristocratico.
Oscar era diversa.
Oscar era libera.
Pericolosamente, scandalosamente libera.
E Madame — che conosceva il peso delle gonne, la stretta dei corsetti, l’obbligo di sorridere mentre altri decidevano per te — guardò quella libertà e pensò:
Almeno lei. Almeno una.
Non c'è dubbio che Madame abbia covato una profonda tensione interiore. Da un lato, avvertiva il peso schiacciante del fallimento dinastico: il ruolo primario di una sposa aristocratica era garantire un erede maschio alla casata—un'attesa che aveva tormentato figure regali, come la critica subita da Maria Antonietta per la nascita della sua primogenita. La sua incapacità di assicurare il maschio ricadde così come onere sul destino dell'ultimogenita.
Questa consapevolezza era intrisa di apprensione materna. Lei conosceva la gabbia dorata e il sentiero prevedibile riservato alle sue altre figlie. Ma in Oscar vedeva la possibilità di una vita completamente inedita, audace per una donna del suo rango. Era una speranza ardita che, tuttavia, si scontrava con la lucidità della sua esperienza. Era fin troppo consapevole che il mondo aveva le sue regole granitiche e che sfidarle apertamente significava rischiare di esserne travolti.
Nel manga, c’è una scena di struggente bellezza: Oscar, soraffatta dai sneitmeti per l'improvvisa e inopportuna proposta di matrimonio da parte di Girodelle, cerca confronto in sua madre.
"Non sono la marionetta di mio padre!"
Oscar si sente feirta, umiliata dall’idea di essere trattata come un oggetto, come un burattino della volontà altrui.
Madame prende il volto di Oscar tra le mani, in un gesto dolce e intimo. Può non conoscere i dettagli del dolore – l'amore impossibile per Fersen o l'esatta ragione dell'abbandono della Guardia Reale – ma sa leggere la verità assoluta nell'anima della figlia. Madame sa cosa significhi bruciare di passione e cosa voglia dire sentirsi limitati dalle mura del proprio ruolo.
L'amore per la figlia è travolgente perché è per Lei qualcosa di speciale e irripetibile. È la bambina nata in un momento decisivo, colei che è stata costretta a farsi baluardo del lignaggio. Vedendo la sua amata figlia lottare per non soccombere a una vita preordinata ("Tornare a essere una donna? E ora, sposarsi e generare un erede?"), la sua apprensione materna si fa acuta. Sa che la figlia si sta dirigendo nel "cuore della tempesta," sa di aver generato un'anima che rifiuta l'etichetta e i compromessi, un'anima che ha ereditato una forza emotiva che supera la disciplina aristocratica.
E per questo, come il genrale, Madame ha paura e le confessa:
"Oscar... Lui se ne pente," rivelando la crisi di coscienza del Generale. L'ordine di matrimonio è l'estremo tentativo di mettere in salvo l'unica cosa che conta: la vita di Oscar.
"Vogliamo che tu abbia una casa tranquilla come donna. Almeno noi manderemo la nostra amata figlia in un rifugio sicuro prima della tempesta" .
Nel manga e nell'anime di La Rosa di Versailles la madre di Oscar non ha nome. È soltanto “Madame de Jarjayes”.
Ikeda, con la sua penna femminista e raffinata, trasforma quel vuoto in una scelta narrativa consapevole.
Madame non è un individuo: è un archetipo, la rappresentazione della donna nobile dell’Ancien Régime — elegante, devota, ma prigioniera del proprio ruolo.
Non avendo un nome, esiste solo attraverso gli altri: il marito, le figlie, la casa, il dovere.
È “la moglie di”, “la madre di”, “la signora del generale”.
In lei si compie la tragedia collettiva di una femminilità cancellata. E Madamae, austera e composta, diviene l'emblema stesso dell'etichetta dell'Ancien Régime.
Eppure, eppure... le rivelazioni tardive di Ryoko Ikeda negli Episodes ci hanno svelato un retroscena sorprendente, donandole un nome e, soprattutto, un'anima indomita!
L'anticipo del Destino
A distanza di anni dalla conclusione dell'opera principale, Riyoko Ikeda ha riaperto i cancelli di Versailles per regalarci nuove e preziose prospettive. A partire dal 2013, l'autrice ha dato vita a una serie di storie autoconclusive, note come Episodes o Gaiden, dedicate a esplorare quelle pagine mancanti che non avevano trovato spazio nella trama originale.
Questi capitoli inediti non sono semplici appendici, ma veri e propri scorci rivelatori, che hanno arricchito il canone dell'opera. Ikeda ha scelto di puntare i riflettori su personaggi che meritavano maggiore profondità, fornendoci dettagli inediti su: su Girodelle, Alain, gli stessi Oscar e Andrè e ovviamentee anche dei genitori di Oscar, incominciadno dai loro nomi.
Reynier de Jarjayes e ... Georgette de la Tour! Ecco i loro nomi. Ecco il suo nome
All’improvviso quella figura discreta sullo sfondo acquista una genealogia, una storia, un sangue. Georgette, infatti, non è affatto la donna algida e compassata che l’anime può far pensare. La sua compostezza è una maschera di ruolo: quella della madre di casata, custode delle buone maniere e dell’onore familiare.
Ikeda rivela che possedeva già lo stesso "fuoco amoroso", la medesima capacità di abbandonarsi a un sentimento autentico al di là delle restrizioni, che avrebbe poi definito la vita e le scelte sentimentali di Oscar. Georgette si innamora profondamente di Reynier e, pur avendolo visto poche volte e pur essendo promessa ad un altro uomo, si abbandona alla passione, un gesto rivoluzionario che ignorava le rigide regole dell'etichetta e il giudizio della pubblica opinione.
La primogenita della coppia, Hortense de Jarjayes, nacque proprio da questo atto di passione pre-matrimoniale, rendendo la madre la vera radice della non-convenzionalità in casa Jarjayes.
Il legame tra Georgette e il marito, Reynier (François Augustin) de Jarjayes, fu tutto tranne che un freddo calcolo aristocratico: fu un vero matrimonio d'amore.
Poi tuto si risolve per il meglio: Georgette e Reynard si sposaraono e andarono a vivere a Palazzo Jarajyes
Ultima figlia
Quasi una dietro l'altra vennero alla luce Hortense, Victoire, Marguerite, Françoise, Louise e ovviamente Oscar, la sesta e ultima figlia.Osacr nacque la sera di Natale del 1755. Il medico, chiamato ad assistere Madame, è lapidario: il fisico di Madame è ormai troppo debilitato per sostenere un’ulteriore gravidanza. Questa dovrà essere l’ultima, per il bene della madre.
Forse è anche questo dettaglio, tagliente e pratico, a spingere il generale verso la sua decisione definitiva. Non ci saranno altri tentativi per ottenere un erede maschio. Non ci sarà un’altra possibilità di “rimediare”. Così, davanti a quella neonata ancora avvolta nelle coperte, Reynerd pronuncia la frase che cambierà il destino di tutti:
“Ti chiamerai Oscar e sarai il mio erede.”
Georgette, in quell’istante, replica con un laconico, quasi soffocato, “Ma, caro…?”
Ma nulla più aggiugne. In questo modo, Georgette è la donna che ha conosciuto l'amore indomito e che, a causa delle conseguenze fisiche dell'ultima gravidanza, ha involontariamente creato il presupposto per l'esistenza di Oscar François de Jarjayes, l'erede maschio mancato.
Un percorso tutto suo
Il cammino di Oscar è l'audace compimento di un'eredità emotiva complessa.
Georgette, per i canoni dell'epoca, è stata una donna fortunata: a differenza di molte sue pari, sposò l'uomo che amava, visse con lui molti anni, costruendo una numerosa famiglia. Questo fatto è di per sé una piccola e sorprendente vittoria in un mondo dominato dai matrimoni di rango. Giusto rinfrescar al memoira penisa al personaggio di Chalrotte de Polignac che a 11 anni fu preomessa in sposa al Duca de Guise di che di anni ne aveva 43.
Tuttavia, anche questa felicità privata dovette essere disciplinata. Una volta formalizzata l'unione e stabilita la famiglia a Palazzo Jarjayes, Georgette dovette ri-imprigionare la fiamma nei rigidi formalismi del protocollo ed essere la perfetta madre di casata, custode delle buone maniere e dell’onore familiare. L'étiquette lo sapiamo era rigidissima!
Per quanto audace nell'affermare la sua passione, l'audacia di Georgette si esauriva alle porte di Versailles: non le era consentito intervenire pubblicamente o sfidare il rigido ordine del mondo aristocratico.
Georgette e il generale sono sorprendentemente simili: entrambi sono assorbiti da ruoli sociali rigidissimi che impongono la maschera incipriata dello status e del lignaggio. Ikeda affida alla madre una critica: le donne nobili erano imprigionate nello splendore, addestrate all’eleganza ma escluse dal poter scegliere e decidere.
Oscar in questo sarà divera. Sarà volontà e libertà. Sarà l'esploratrice di un confine proibito – quello dei ruoli – e saprà costruirsi un destino a misura della propria coscienza.
La sua pienezza arriva quando accoglie l’amore di André e si schiera con il popolo. Fa quel passo in più che suo padre e sua madre non poterono o non vollero compiere. Osacr diventa la creatura che ricompone gli opposti: libera, con la propria vita, tutte le donne che non hanno potuto scegliere.
Il filo delle Moire
Oscar non era destinata a una vita di obbedienza. Madame lo sapeva. Era una fiamma viva, desiderosa di splendere, persino di bruciare per un solo, intenso momento, pur di essere finalmente sé stessa, fino all'ultima scintilla.
La Francia bruciava, i vessilli secolari di consuetudini e privligei venivano fatti a pezzi. Là, oltre i cancelli di Palazzo Jarjeyes c'era un modo impazzito. Ma a Madame imprtava poco. Anceh qualora una folla urlante, aramta e furiosa, fosse giutna per strapaprla via la vita, a lei nonsarebbe imipratato. Davvero. Trascore vail su tempo osservano di giaridni spenti. Scrutava e sorideva, con gli occhi arrosati, i lvolto emaciato e teso. Quelli erano i luoghi in cui Oscar era cresciuta insieme ad André: i viali dove avevano corso, le aiuole dove si erano nascosti da bambini, gli alberi che avevano visto nascere il loro legame. Riviveva in silenzio le loro sfide, le attese, i ritorni, gli sguardi che parlavano più di mille parole. Alla fine si erano trovati l'uno nella braccia dell'altra.
Quel pensiero la rincuorava, benché per un istante fugace: Madame era certa che la loro felicità fosse stata vera. Era certa che Oscar avesse trovato la sua definitiva cifra esistenziale nella battaglia per l'uguaglianza, nel suo amore per André, nell'essere semplicemente Oscar.
Eppure, quel conforto era fragile, come un raggio di luce timido che si affaccia tra nubi cariche di pioggia e tempesta. Le ombre dei ricordi svanivano e restava l'assenza che ingoiava tutto. Che ne era stato
Il suo cuore tornava a chiudersi, stretto non tanto dal pianto quanto dall'inedia dell'anima: senza Oscar, la vita non poteva più battere allo stesso ritmo.
Ah, quanto immensamente si può amare una creatura!
Per due anni Madame de Jarjayes sopravvisse in un mondo che non riconosceva più. La Rivoluzione aveva divorato Versailles, la vecchia Francia era cenere. E sua figlia, la sua bella e coraggiosa Oscar non c'era più. Il mondo non le era sembrato più freddo e desolatovdi così.. a niente valevano le lettere delle altre figlie, i racconti dei nipoti o le premure del generale.
Quando Oscar cadde in quel feroce luglio del 1789, Madame de Jarjayes non sentì nulla... perchè nulla era rimasto vivo in lei. Le altre cinque figlie erano vive, al sicuro nelle loro case, con i loro mariti e i loro figli. Annoiate, forse. Infelici, probabilmente. Ma vive. Oscar invece non c'era più.. la sua Oscar, la sua bambinia dall'indole fiera, come una rosa, era stata portata via dalla tempesta.
No, quel pensiero era un tradimento nei confronti di Oscar, uno schiaffo ingiusto al suo coraggio, al suo sapersi donare per un ideale, per amore, per desiderio di giustizia.
Splendida ginestra, avrebbe detto di lei Leopardi, dorata e consapevole che nulla si può fare per mutare il destino se non accettarlo e viverlo con grazia e dignità. E così fece Oscar. E così Madame.
Georgette morì di crepacuore nel 1791. Non di malattia, non di vecchiaia. Di dolore puro.
Forse, negli ultimi istanti prima di morire, pensò a Oscar—a quella figlia unica che aveva avuto il coraggio di amare come voleva, di combattere per ciò in cui credeva, di morire per qualcosa di più grande di un matrimonio combinato o di un ruolo imposto.
E allora forse in quel momento, capì che Oscar non era mai stata proprietà di nessuno, ma padrona di se stessa fino alla fine. E quel pensiero valeva ogni lacrima.
みなさん、ありがとう。物語はまだ終わらない——本の中でつづく。
Grazie a tutti. La storia non è ancora finita — continua nel libro.
Perché amare Lady Oscar
MS



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