L'ultimo valzer per Björn
La sua vita è stata un susseguirsi di luci improvvise e ombre profonde, una melodia in cui la bellezza efebica ha risuonato più forte di qualsiasi altra nota. Questo è l'ultimo valzer per Björn
Quando si parla di Björn Andrésen, la mente corre subito al 1971. Giovanissimo, fu scelto da Luchino Visconti per un ruolo che lo avrebbe segnato per sempre: Tadzio in "Morte a Venezia".
Visconti stesso lo definì "il ragazzo più bello del mondo", un'etichetta potente che lo catapultò in una fama inattesa e travolgente.
Björn Superstar
Quella bellezza adolescenziale, vista dalla critica come una vera e propria "statua greca", non si limitò a incantare il pubblico occidentale. La sua immagine efebica lasciò un segno profondo nell'immaginario artistico, specialmente in Giappone.
Nel Paese del Sol Levante, la sua fama esplose in una vera e propria "Björn mania", scatenando reazioni da "beatlemania" alla sua presenza. Björn divenne rapidamente il primo idol occidentale, grazie anche alla sua incursione nel mondo musicale: incise canzoni, alcune delle quali cantate in giapponese, esibendosi con band come gli Sven Erics. Era la sua androginia — quella bellezza delicata e non definita — a stregare un'intera generazione di creativi e fan.
Tadzio e Lady Oscar: un volto, due icone
Ed è proprio qui che il gioco si fa affascinante:
Nel 1972, un anno dopo l'uscita di Morte a Venezia e in pieno delirio per la sua fama giapponese, Riyoko Ikeda iniziava a scrivere e disegnare "Versailles no Bara".
La mangaka fu così colpita dal suo volto da usarlo come ispirazione diretta per la sua rivoluzionaria eroina androgina: Oscar François de Jarjayes.
Il volto che la Ikeda dovette immaginare per Oscar era quello di un giovane militare, forte ma incredibilmente aggraziato.
E quale modello migliore del ragazzo che aveva appena ridefinito il concetto di bellezza ambigua?
Quindi, non solo l'Ikeda ne fu ispirata, ma la tempistica perfetta e l'enorme risonanza di Björn Andrésen in Giappone fecero sì che l'ispirazione potesse nascere e diventare icona senza bisogno di un incontro personale (che non risulta esserci mai stato).
Dietro la meraviglia: il orezzo della bellezza
Se l'arte ci ha regalato un'icona, la vita ci ha mostrato l'uomo.
Il documentario "The Most Beautiful Boy in the World" (2021) è un racconto toccante che va oltre lo splendore. Ci mostra un Björn segnato: l'oggettivazione subita, le aspettative schiaccianti, e la difficoltà di gestire una celebrità precoce.
La sua storia è un monito potente: Björn desiderava essere riconosciuto come individuo, al di là dell'immagine perfetta che il mondo gli aveva cucito addosso, un'immagine che non riusciva a possedere.
Il nostro commiato
Ricordiamo Björn non solo per l'icona estetica che ci ha donato, ma per l'umanità che ha avuto il coraggio di mostrare.
La sua vita ci ricorda quanto l'arte possa illuminare, ma anche quanto sia fragile e preziosa la persona che si cela dietro l'immagine.
Grazie, Björn. Per la bellezza che hai incarnato e per l'onestà con cui hai condiviso le tue ferite. Rimarrai nei nostri ricordi sia come l'eterno Tadzio che come il volto segreto di Lady Oscar.


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