RIVOLUZIONE TRADITRICE!
Liberté, Égalité, Fraternité.
Queste parole, cariche di speranza, infiammarono la Francia e l'intera Europa, promettendo un futuro di diritti e libertà per tutti. Ma per le donne francesi, protagoniste coraggiose e instancabili della Rivoluzione, quella promessa si trasformò presto in un'amara delusione. Parteciparono, lottarono e si sacrificarono, solo per scoprire che il nuovo mondo che stavano contribuendo a costruire non era pensato per loro.
Quella della Rivoluzione Francese non fu una semplice "dimenticanza". L'esclusione delle donne fu una scelta deliberata, un atto fondativo che creò una cittadinanza e uno spazio pubblico pensati unicamente al maschile. Le donne furono la forza motrice di molte rivolte, ma una volta esaurita la loro utilità, vennero messe a tacere e rispinte nell'ombra. Questo non è solo un capitolo di storia, ma una riflessione profonda su un tradimento che ha segnato per secoli il cammino dell'emancipazione femminile.
Prima del 1789
Prima che la Bastiglia cadesse, la vita di una donna in Francia era definita da una sola parola: sottomissione. Sotto l'Ancien Régime, non esisteva il concetto di diritto politico al femminile.
Le donne non potevano votare, non potevano ricoprire cariche pubbliche, non potevano, in sostanza, esistere come individui agli occhi dello Stato.
Erano considerate "cittadine passive", la cui intera esistenza legale dipendeva da una figura maschile: prima il padre, poi il marito. Un famoso giurista dell'epoca, R.J. Pothier, lo mise nero su bianco:
una donna non poteva compiere alcun atto legale valido senza l'autorizzazione del marito. La sua identità era annullata in quella dell'uomo di casa.
Le uniche eccezioni, che confermavano la regola, erano le nobildonne proprietarie di feudi, a cui era concesso di delegare il loro voto per gli Stati Generali. Per tutte le altre, e in particolare per le donne del Terzo Stato, la partecipazione politica era un miraggio. Il loro mondo era confinato alle mura domestiche, il loro dovere era la cura della famiglia. Le uniche vie di fuga erano una modesta dote per entrare in convento o, in sua assenza, una vita di servitù.
Donne in piazza
Contrariamente all'immagine di passività imposta dalla legge, le donne furono tutt'altro che spettatrici silenziose. Anzi, furono in prima linea, protagoniste assolute delle prime, decisive fasi della Rivoluzione. Il loro non fu un semplice ruolo di supporto: furono loro a guidare alcune delle più importanti insurrezioni popolari, mosse dalla fame e dal desiderio di giustizia.
L'evento che più di ogni altro segnò il loro potere fu la marcia su Versailles del 5 ottobre 1789. Esasperate dalla cronica mancanza di pane e furiose per il rifiuto del re Luigi XVI di firmare la Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino, migliaia di donne marciarono per chilometri fino alla reggia. La loro determinazione fu tale che invasero il palazzo e costrinsero il re e la sua famiglia a trasferirsi a Parigi. Fu un punto di non ritorno, un atto rivoluzionario potentissimo compiuto da chi, sulla carta, non aveva alcun potere.
Anche se escluse ufficialmente dalla rappresentanza politica, le donne trovarono il modo di far sentire la propria voce. Approfittando della stesura dei cahiers de doléances (i quaderni delle lamentele), iniziarono a emergere petizioni scritte da e per le donne, dimostrando una coscienza politica che stava rapidamente fiorendo.
Tra queste, la "Petizione delle donne del Terzo Stato", presentata il 1° gennaio 1789, è un documento straordinario. In un'epoca in cui si parlava solo di tasse e privilegi, queste donne anonime osarono chiedere diritti fondamentali come l'istruzione e l'accesso al lavoro. Posero al re una domanda tanto semplice quanto rivoluzionaria: in un momento di così grande fermento, "le donne, oggetto costante dell'ammirazione e del disprezzo degli uomini, [...] non potrebbero anch'esse far sentire la propria voce?".
Non chiedevano più solo il pane. Iniziavano a rivendicare il loro posto nella nazione.
Tre grandi protagoniste tradite
In questo clima di speranza e fermento, tre donne emersero con una forza straordinaria. Ognuna a suo modo, con la penna, l'intelletto o l'azione, incarnò l'anima femminile della Rivoluzione. Le loro storie, tanto diverse quanto tragiche, sono il simbolo più potente delle immense speranze e del profondo fallimento di un'intera epoca.
La donna che riscrisse i diritti di tutti
Nata Marie Gouze, a Parigi si trasformò in Olympe de Gouges, un nome che sarebbe diventato leggenda. Riscoperta e celebrata dai movimenti femministi del Novecento, Olympe fu una delle prime a lottare per una parità reale, totale, senza compromessi. Drammaturga di successo e attivista instancabile, non ebbe paura di denunciare le ingiustizie più grandi del suo tempo: dalla schiavitù nelle colonie alla violenza del regime giacobino.
Il suo capolavoro, tuttavia, resta la Dichiarazione dei Diritti della Donna e della Cittadina, scritta nel 1791. Non era una semplice versione al femminile della celebre Dichiarazione del 1789, ma una critica feroce e una correzione necessaria. Il suo testo si apriva con una domanda fulminante rivolta al sesso forte:
"Uomo, sei capace di essere giusto?".Olympe de Gouges andò al cuore del problema: la Rivoluzione parlava di "Uomo" in senso universale, ma nei fatti si riferiva solo ai maschi.
Articoli come "la donna nasce libera e resta uguale all'uomo nei diritti" (Art. I) o l'affermazione che la sovranità appartiene alla "riunione della donna e dell'uomo" (Art. III) non erano semplici slogan. Erano la denuncia di un inganno: la cittadinanza rivoluzionaria era stata costruita su fondamenta sessiste. Distinguendo tra citoyen (cittadino) e citoyenne (cittadina), Olympe svelò il grande tradimento della Rivoluzione.
La vera mente dei Girondini
Madame Roland (nata Marie-Jeanne Philipon) non fu una donna di piazza, ma la sua influenza fu altrettanto profonda. Fu una mente brillante, un'intellettuale che trasformò il suo salotto parigino nel cuore pulsante della politica rivoluzionaria. In un'epoca in cui i salotti erano uno dei pochi spazi in cui una donna poteva brillare, lei ne fece la sua arena.
Tra le sue mura passarono i più grandi protagonisti del tempo, da Brissot a Robespierre. Sostenitrice dei Girondini, Madame Roland divenne la consigliera più fidata e la penna nascosta dietro i discorsi e le lettere di suo marito, il Ministro dell'Interno Jean-Marie Roland. Anche se agiva dietro le quinte, il suo potere era reale e la sua influenza politica decisiva. Fu la mente strategica di una delle fazioni più importanti della Rivoluzione, dimostrando che il potere non si esercita solo nelle piazze, ma anche con l'acume e l'intelligenza.
L'Amazzone di ferro e fuoco
Théroigne de Méricourt (nata Anne-Josèphe Terwagne) fu l'incarnazione dell'azione pura. Abbandonò la sua vita agiata in Italia per tuffarsi nel vortice di Parigi nel 1789, infiammata dalla promessa di libertà. Non passò inosservata: con il suo carisma e il suo coraggio, si guadagnò il soprannome di "Amazzone della Libertà".
Théroigne era sempre in prima linea: marciò su Versailles, arringò la folla, lottò fianco a fianco con Olympe de Gouges per fondare club politici aperti alle donne. Le sue proposte erano radicali e visionarie: chiese di creare un "battaglione di amazzoni" per difendere Parigi e rivendicò per le donne il diritto di portare le armi, un simbolo supremo di cittadinanza attiva. La sua audacia, però, le costò cara. La stampa controrivoluzionaria la trasformò in un mostro, dipingendola come il simbolo di una femminilità snaturata e pericolosa. Era il prezzo da pagare per una donna che osava essere libera.
Tutte costoro furono tradite, umilate, derise. Cosa accadde loro lo vedremo nel prossimo post.

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